Una disperata lotta contro la dispersione e l’entropia
«Ciò che colpisce è la capacità di Riba di far coincidere il suo ripensamento dell’umano con una malinconia definitiva» – Giorgio Vasta
«Un libro incentrato sull’idea di una ribellione estrema alle convenzioni della società dove la solitudine sembra essere l’unica, distruttiva, via d’uscita.» – La Lettura
«Voglio solo dire che la casa è pelle, che la casa è cognizione, che la mia casa è un modo che ho per dire qualcosa di me».
Gabriele è un uomo che parla dal limite dei giorni, dei suoi e forse di tutta la sua civiltà. In cielo è comparsa una seconda stella, l’equilibrio circadiano è sconvolto, gli uccelli cadono, i fiori anneriscono e, davanti alle cancellate chiuse di Cascina Odessa, cominciano a presentarsi strani personaggi provenienti dal vicino paese di Lurano, o forse da un luogo che coincide con la fine del mondo. Cascina Odessa, il posto in cui ora Gabriele è barricato, è anche il perimetro affettivo di tutta la sua vita: lì è cresciuto con il fratello Emanuele, con i propri nonni e i genitori, ed è un luogo che ha continuato ad amare e a difendere anche quando è diventato il teatro di una veloce disgregazione familiare. Quando anche Emanuele, come suo padre e sua madre prima di lui, lascia la Cascina, Gabriele decide di innescare una disperata lotta contro la dispersione e l’entropia, conservando ossessivamente la sua casa nell’attesa che il fratello, tornando, possa ricomporre un legame sostanziale; legame che, per Gabriele, forse è l’unico modo per provare la sua esistenza.